Perché non facciamo il segno della croce?

SegnoIl “segno della croce”, il gesto mediante il quale si traccia con un dito o con tutta la mano un segno in forma di croce sopra il proprio corpo o nell’aria nella direzione di altre persone o cose è una diffusa pratica religiosa del cattolicesimo romano e dell’ortodossia orientale, conservata nella Chiesa luterana ed in settori della Chiesa anglicana.
Di origine molto antica, originalmente era un segno di identità e di riconoscimento dei cristiani che diventa espressione di culto. In esso il singolo credente o celebrante afferma con questo gesto la sua fede nel Dio trino e le virtù del sacrificio di Cristo in croce, che così vengono evocate o proclamate. Da questo il “segno della croce” passa ad essere una sorta di atto esorcistico che, in quanto tale, si crede metterebbe in fuga il diavolo, fino a degenerare, a livello popolare, in gesto scaramantico e superstizioso inteso a tenere lontano il pericolo o la cattiva sorte oppure ad assicurarsi il successo di un’impresa invocando così magicamente la protezione e l’assistenza di Dio.
Fra le persone secolarizzate di cultura cattolica, il “segno della croce” diventa per lo più un gesto che si ritrovano a fare automaticamente, un retaggio rituale e culturale di cui spesso ne ignorano il significato e che abbandonano quando riflettono criticamente sul proprio comportamento oppure praticano per convenienza.
Considerando le Sacre Scritture autorevole ed unica regola della fede e della condotta cristiana, la Riforma calvinista, che si sviluppa nel puritanesimo e nelle chiese libere, passa anche “il segno della croce” al loro vaglio critico e giunge alla ponderata sua abolizione. Essa, inoltre, considera come non corretti e pretestuosi i vari tentativi di giustificarlo biblicamente. E’ così che “il segno di croce” (il “segnarsi” o “segnare”) diventa per il protestante un gesto superfluo, sicuramente rischioso viste le sue degenerazioni superstiziose e quindi decisamente da scoraggiare anche quando si hanno al riguardo le migliori intenzioni.

1. Il “segno della croce” come segno di riconoscimento e di identità. Il Nuovo Testamento non prescrive per i cristiani e non fornisce esempi di alcun particolare loro segno di riconoscimento o di identità. Il nome che portano e la testimonianza che la loro vita deve rendere a Cristo è pienamente sufficiente. “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35).

2. Il “segno della croce” come atto di culto. La fede cristiana riformata afferma che ogni atto di culto debba trovare nel Nuovo Testamento un comando specifico che lo stabilisca oppure un esempio della loro prassi da seguire. Il “segno di croce” come tale non trova riscontro alcuno nel Nuovo Testamento. C’è chi afferma che fare il segno della croce significhi “pregare con il corpo”. La cosa vale, nelle Scritture con i mettersi in ginocchio o levare le mani al cielo, non con quel gesto. “Io voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando mani pure, senza ira e senza dispute” (1 Timoteo 2:8)

3. Il “segno della croce” come proclamazione simbolica. Il Nuovo Testamento prevede, accanto alla Parola predicata, come simboli sacramentali dell’Evangelo, soltanto il Battesimo e la Cena del Signore.

4. Esorcismi e guarigioni. Nel Nuovo Testamento gli esorcismi avvengono soltanto tramite la preghiera e il comando nel nome di Gesù. Non prevedono formule o gesti di alcun tipo, così come chi ha ricevuto il dono della guarigione lo esercita senza gesti o segni particolari, se non l’imposizione delle mani in nome di Cristo. Gesù disse: “Questa specie di demoni non esce se non per mezzo della preghiera e del digiuno” (Matteo 17:21); “Non c’è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me” (Marco 9:39); “Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani” (Atti 6:6).

5. “Il segno della croce” come protezione. La persona che ha affidato sé stessa completamente al Signore e Salvatore Gesù Cristo non solo è certa della sua eterna salvezza (conseguita dalla sola vita e dalla morte di Cristo in croce), ma anche di essere costantemente oggetto della protezione provvidenziale di Dio. “Ora se Dio veste in questa maniera l’erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?” Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più” (Matteo 6:30-33). Persino nelle avversità il credente può dire: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8:28). Il cristiano non ha bisogno di continui “segni di croce” per rammentare a sé stesso di essere oggetto dell’amore di Dio. Di fatto potrebbe essere esso stesso un segno di mancanza di fede! Il cristiano trova il conforto e la conferma delle promesse di Dio attraverso la lettura della Parola di Dio, il canto dei Salmi e la preghiera, e soprattutto partecipando alla Cena del Signore e pensando al significato del suo battesimo. Il segno della croce come strumento di “supporto psicologico”, “confessione di fede” o rituale, è superfluo e fuorviante [una simile descrizione è aberrante].

6. Superstizione. Il Nuovo Testamento prende molto seriamente le proibizioni di ogni superstizione, idolatria e pratica che trovi espressione nel paganesimo. Non copia né “cristianizza” le pratiche pagane. Si oppone alla magia ed alla stregoneria. “Egli fece ciò che è male agli occhi del SIGNORE seguendo le abominazioni delle nazioni che il SIGNORE aveva scacciate davanti ai figli d’Israele” (2 Re 21:2).

7. Una questione di rispetto e di “buona educazione”? Qualcuno ha affermato: “Se tu entri in una casa, al padrone di casa lo vorrai salutare? E questione di buona educazione”, assimilando la cosa alla visita che si potrebbe rendere in una moschea e, per rispetto e fare come gli altri, ci si toglie le scarpe”. Si deve certo avere rispetto, ma il “segno della croce” con questo non c’entra. Ha un valore simbolico che, per chi lo comprende, “impegna”. Un evangelico, invece, ha scritto: “Ora quando entro in una chiesa, cerco la presenza del Signore in preghiera e quando esco, saluto tutti i fratelli con la pace del Signore. Quando passo da una chiesa cattolica, non ho motivo per farlo…quando prego, non ho bisogno di fare il segno della croce, ma vado direttamente al Padre nel nome di Gesù; come segno di benedizione, non ha senso farlo perché non è il segno della croce che benedice, ma la presenza dello Spirito Santo nella mia vita”.

Qualcuno afferma che essendo contrari a farci “il segno della croce” e ad avere l”immagine del crocifisso” ci comportiamo come nemici della croce di Cristo”. Lo scopo e il fine è quello di ricordare quello che la bibbia insegna “Noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia, ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio.. Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù” (1 Corinzi 1:23-24; 2 Corinzi 4:5). Noi, infatti, intendiamo fare come gli apostoli, che predicavano chiaramente le virtù della croce di Cristo e non si avvalevano di segni, immagini e simboli che, nella loro materialità, sono facilmente equivocabili. Noi intendiamo rispettare la proibizione biblica delle immagini religiose. Chi si ferma alla “materialità” ha, di fatto, l’animo alle cose della terra, come sempre l’Apostolo Paolo scrive: “Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l’animo alle cose della terra” (Filippesi 3:17-19).