Le serate, si diceva. Ad accogliere i quattro è stato un palco spoglio, arredato solo dalle immancabili chitarre; per quinta un semplice telone semitrasparente, illuminato dal tema grafico dell’iniziativa. Contesto spartano e suggestivo, in linea con una serata di poche parole che ha permesso di concentrare tutta l’attenzione sulla musica. A partire da quel medley che, in apertura, ha incrociato quattro successi, uno per artista, con le rispettive voci, fino all’intreccio finale: una vera sigla per il sodalizio, apprezzata e richiesta a gran voce dal pubblico come bis.

E poi via, con collaborazioni (apparentemente) estemporanee che hanno evidenziato e valorizzato il diverso carattere dei quattro: un Albino Montisci che vira sempre più verso la sua apprezzata vena rinascimentale, un Luca Durante che punta tutto sul virtuosismo blues e sulla migliore sonorità mediterranea, le volute intellettuali del redivivo Giuseppe De Chirico – quindici anni di assenza dalle scene, a quanto pare, non gli pesano -, fino alla solarità e alle ballate pop di Nico Battaglia.

Così scorre davanti al pubblico il film di quattro vite, quattro carriere, quattro esperienze spirituali: dalle eleganti “Anche il cuore si trattiene” e “Marita” di De Chirico alle sonorità medioeval-tribali di Montisci con “Mi rallegrerò” e “Verso di te”, per arrivare ad approdi più moderni con “Io sto cercando te” e “Pensieri” di Durante e “Più vicino” e “Libertà” di Battaglia.

Cantano e suonano, i quattro, accompagnandosi a vicenda – agevolati anche da un servizio fonico adeguato al contesto – e si divertono, si vede e si sente: in particolare Durante, quando si esprime nei suoi assoli, e Montisci, che si fa teatrale e in certi momenti perfino un po’ guascone (non a caso i due si sono autodefiniti, scherzosamente, la “parte giovane” del quartetto).

Il pubblico sta a guardare, sussurra le canzoni, ride applaude e loda, ma freme per partecipare: e il momento arriva verso la fine della serata, con una “Adorerò” condivisa, che riporta i quattro artisti al ruolo di worship leader, sostenuti e incoraggiati dalla platea mentre si alternano, ognuno con il proprio stile, ancora una volta insieme.

Gran finale con un vecchio motivo ripescato da un altrettanto ingiallito tour comune Montisci-De Chirico, un blues – “Signor, amo la tua Parola” – che è ormai quasi un rompete le righe, prima dell’immancabile bis e del sigillo di qualità, quel medley che si conferma come un esercizio di comunione fraterna e di speranza.